Mia cara amata ti lascio ma non è un addio, è un arrivederci. Ci siamo incontrate troppo presto e io sono come quei giovinotti che non possono dedicarsi completamente ad una sola donna finchè non si sono saziati di mondo. Sono talmente sicura di appartenerti che non sono venuta nemmeno a salutarti, ti basti sapere che ti porto con me: che tu vedrai tutto ciò che vedrò io, perchè sarai dentro i miei occhi. Ti basti sapere che sarai il termine di paragone ultimo per ogni immagine che mi scorrerà davanti e qualsiasi altro rumore, musica, canto o parola dovrà impietosamente confrontarsi con la tua consueta durezza.
Mia amata, devo andare via. Sei troppo grande per me, talmente grande che mi strabordi da tutte le parti, mi scivoli via. Devo andare in un luogo umano, devo andare lì fuori, fuori da te che sei talmente grande che chiunque ti abbia conosciuta non riesce a superare un solo giorno senza tornare anche solo per un attimo con la memoria a te.
Mi hai accolta ferita e confusa, piccola e fragile, incoscente e sola. Mi hai restituita a me stessa, ma dopo due anni sono sempre la stessa, io: non sono abbastanza sazia per potermi fermare da te, non posso ignorare che mi serve una cura e quella cura non sei tu. Tu invece sei il contrario:
sei grande e fredda come una matrigna delle favole, sei scontrosa e dura come un vecchio accigliato che fuma il sigaro su una panchina, sei distrutta come una donna maltrattata e altro non puoi restituire che questo: indifferenza a chi viene e chi va. E se anche solo esistesse il dubbio che tu non ti sei nemmeno accorta di me, io invece ti adoro come una bambina adora sua madre: senza limite, come se tu fossi la divinità del mio focolare.
Arrivederci mia amata Berlino.
Quel freddo che mi hai insegnato lo porto sempre con me.